Concorso Banca d'Italia- MIUR: "Inventiamo una Banconota" - 2016

«Un giovane senza gioia e senza speranza è preoccupante!» (Papa Francesco I, Cagliari, 22 Settembre 2013)

«Un popolo che non ascolta i nonni è un popolo che muore!» (Papa Francesco I, Piazza S. Pietro, 26 ottobre 2013)

La 3B del Liceo Scientifico Atzeni di Capoterra ha rappresentato l'I.I.S. Bacaredda-Atzeni di Cagliari nel concorso indetto da Banca d'Italia in concerto col Ministero della Pubblica Istruzione "Inventiamo una Banconota". Il progetto è stato possibile grazie al lavoro in sinergia con il docente di Storia dell'Arte e Disegno Ing. Federico Mullanu.

Il tema  della banconota scelto dalla classe è: Giovani e anziani: generazioni in conflitto o a confronto”.

IL FONDO POLICROMO

Come fondo policromo si è prediletto il  colore verde simbolo sia della speranza”, tipica dei giovani, sia deglievergreenovvero di tutto ciò che col passare degli anni non sfiorisce e non appassisce mai.

Nel fondo policromo, esteso a tutto il bozzetto, i ragazzi hanno inserito un planisfero, per sottolineare che il rapporto tra giovani e anziani riguarda ogni angolo del mondo, ogni cultura, ogni popolo, ogni epoca storica.

IL SIMBOLO

Come simbolo si è raffigurato:

  • un disco in vinile che ricorda i vecchi giradischi dei nonni, emblema della musica classica dall’opera, dalle feste in casa, dai balli nelle balere degli anni ’60;
  • una rosa, simbolo di purezza, ma in quanto fiore anche della generazione hippy che con Woodstock ha iniziato un nuovo modo di fare musica (rock, funky, R&B, hip-pop, rap ecc.), dando ai giovani nuovi luoghi di ritrovo (concerti, rave party, discoteche ecc.). Il fiore è l’emblema non solo del ’68 ma di tutte le rivoluzioni messi in atto dai movimenti di protesta giovanile (rivoluzione sessuale, civile, politica, sociale, religiosa, scolastica, universitaria). Si pensi al termine “primavera” (stagione in cui sbocciano i primi fiori), usato dagli storici per indicare le proteste giovanili.

LA FILIGRANA

In opposizione e in continuità con l’elemento figurativo si sono scelti due perle della saggezza dell’anzianità e della giovinezza, entrambi provenienti da quel ex dominion britannico che ha sempre incantato gli Europei dai tempi antichi: il Mahatma Gandhi, l’anziano induista che ha condotto l’India all’indipendenza con la non violenza, e Malala, la sedicenne pakistana di religione islamica. Contrariamente all’elemento figurativo, Ghandi e Malala si guardano negli occhi sorridenti, come ad aver trovato un’intesa non solo tra generazioni ma anche tra popoli e religioni. Malala potrebbe essere sua pronipote ed e sicuramente la più degna erede del Mahatma indiano ma anche, sebbene musulmana, figlia di quella millenaria tradizione filosofica induista dei libri upnishada vedici. Nonostante la sua giovane età, l’allieva ha superato il maestro e se Ghandi ha avuto cinque candidature al Premio Nobel per la Pace, tra il 1937 e il 1948, Malala non solo lo ha ottenuto nel 2014 ma è anche il più giovane Premio Nobel per la Pace di tutti i tempi.

Si è scelto di evidenziare solo i contorni delle due figure con dei puntini e di lasciarlo in trasparenza, per riprodurre proprio l’effetto della filigrana. Per rafforzare l’idea di solidarietà e fratellanza tra generazioni si è usata la simbologia matematica degli insiemi: in ogni Gandhi (anzianità) c’è qualcosa di Malala (gioventù) e in ogni Malala c’è un po’ del Mahatma.

IL VALORE NOMINALE

15 Ban che è in caratteri greci, per sottolineare il legame stretto che esiste sin dall’Antica Grecia tra i maestri anziani e i giovani discenti.

L’ELEMENTO FIGURATIVO

L’elemento figurativo riprende alcuni temi della filigrana, del simbolo e dei 15 BAN. Per quanto riguarda la filigrana si riprendono due persone questa volta posizionate di spalle per indicare il rapporto dialettico tra generazioni. I generi sono stati volutamente invertiti: adesso alla sinistra vi è un’anziana signora che usa il tablet e dei moderni auricolari e alla destra un giovane ragazzo che ascolta musica con delle cuffie tradizionali, in voga fino agli anni ’70, ma senza filo, indice di modernità e progresso.

Ciò che gli accomuna è la musica, concetto rinforzato anche dal simbolo: un disco in vinile, oggi tornato prepotentemente di moda tra i giovanissimi, ad evidenziare come la musica sia un punto di unione tra giovani e anziani. C’è sempre una melodia che accompagna i momenti più importanti della nostra vita: sia che siamo giovanissimi (le musiche dei cartoni animati, della dance music ecc.) sia coi capelli bianchi (i canti degli alpini, i canti popolari, i lenti ecc.).

Il color rosso, a simboleggiare il sangue, è l’altro elemento che lega per similitudine l’elemento figurativo al simbolo e ai 15 Ban. La strada dell’emancipazione dei giovani è lastricata di lotte, battaglie, guerre, tragedie. In opposizione, invece, il rosso non compare soltanto nella filigrana, perché sono rappresentati: il teorico massimo della non-violenza e la più giovane Premio Nobel per la Pace nella storia dell’umanità.

L’elemento figurativo si snoda su tre livelli come nelle quinte teatrali:

  1. in primo piano, più vicino a noi in ordine cronologico, è stato posto un giovane spensierato con gli occhiali da sole, molto attento alla moda del momento, come il taglio dei capelli dimostra. Con pochi tratti di linee gli studenti del Bacaredda-Atzeni hanno voluto raffigurare il prototipo del “bamboccione” viziato che si diverte e non studia;
  2. dietro, ma affianco al ragazzo, un’anziana che si informa smanettando su internet. Questo per vincere il pregiudizio diffuso che gli anziani siano incapaci coi mezzi digitali. Recenti ricerche scientifiche hanno dimostrato, invece, che  l’11 % degli iscritti a Face Book è over 65. Quindi i nostri nonni chattano, twittano, whatsAppano!
  3. alle loro spalle compare infine il manifesto di un quotidiano, datato 2 ottobre 2016 (giorno della Festa dei nonni), dove sono indicati le date e i luoghi più importanti, dal 1964 al 2014, dello scontro e del dialogo tra giovani e anziani. Gli eventi del XX secolo sono posizionati sulla stessa linea di demarcazione della donna anziana, come dire che i nonni di oggi sono i sessantottini di ieri; mentre i fatti del XXI secolo riguardano le nuove generazioni, per questo stanno proprio in prossimità del giovane. Gli scolari di oggi e di domani sono nati dopo il 2000. I liceali di terza di questo anno scolastico (2015-2016) sono del 1999, gli ultimi nati nel secolo scorso. In calce al giornale compare anche la pubblicità di un sito internet: www.specialage.com,  il primo social network italiano di incontro e scambio tra giovani e adulti, nato a Roma a fine marzo 2015, per iniziativa di una suora laica francescana. La piattaforma si propone soprattutto con la spazio “Anziani per i giovani” di mettere a disposizione la professionalità dell’«età speciale» ai nativi digitali, in modo da creare un rapporto di solidarietà che superi i tipici conflitti generazionali. Gli anziani possono mettere a disposizione la loro esperienza e i loro preziosi saperi per insegnare qualcosa (ricette tradizionali, hobbistica, lavori di falegnameria o di artigianato) alle nuove leve; e i più giovani possono dedicare un po’ del loro tempo libero ad aiutare i sessantenni a migliorare le loro capacità cognitive e mnemoniche, proprio con l’uso di internet. Si tratta di un proficuo esempio di collaborative economy che consente alle persone della terza età di socializzare e di sentirsi meno soli.

Nel ricordo degli scontri generazionali più importanti del recente passato: si parte da Hanoi, 1964-75, cuore pulsante della Guerra del Vietnam iniziata da una manciata di giovani comunisti che avevano dato vita pochi anni prima (1960) al Fronte di Liberazione Nazionale per liberare i vietnamiti  dal neoimperialismo statunitense, dilagante tra la classe dirigente adulta vietnamita.

L’anno seguente 1965 scoppiò all’Università di Berkley (USA) la rivolta dei giovani studenti californiani contro la politica militarista e conservatrice del presidente Lyndon Johnson e contro l’apartheid degli afroamericani.

Se i giovani vietcong combattevano il capitalismo di stampo occidentale, i loro coetanei cecoslovacchi al contrario si oppossero con la Primavera di Praga del 1968 al Politbjuro locale, costituito da vecchi conservatori comunisti che intimoriti dal movimento giovanile arrivarono addirittura a far invadere la propria patria (la Cecoslovacchi) dalle truppe del Patto di Varsavia.

La protesta contro la “sporca guerra americana” in Vietnam dilagò anche in Europa con il maggio parigino del 1968 che dalla Sorbona di Parigi, come in un continuo passaggio di testimone, toccò le metropoli e le università più importanti al mondo, dando inizio al movimento sessantottino.

Sull’altra sponda dell’Atlantico, a Woodstock (Nord America) si consumò nell’agosto del 1969 un altro scontro generazionale. I figli dei fiori, rifacendosi alla rivoluzione artistica e culturale della Beat generation degli anni ’50, diedero vita a una rivoluzione musicale, sdoganando finalmente il rock, e a una rivoluzione nella moda e nei costumi con la liberalizzazione sessuale e l’uso di stupefacenti tra le giovani generazioni. Il fenomeno antitradizionalista degli hippy si diffuse poi a macchia d’olio in tutto il globo.

Nel sud dell’America Latina, sempre nella costa orientale, esattamente a Buones Aires, gli universitari, appoggiati da giovani sportivi e lavoratori, si opposero al regime militare del generale Jorge Videla, pagando caramente il loro rifiuto delle convenzioni e le loro richieste di pacifismo, egualitarismo, libertà, democrazia, emancipazione femminile. Dal 1976 al 1983 furono 40.000 i desaparecidos nella sola Argentina. Il tentativo di sterminare un’intera generazione di giovani argentini fallì, ma non si conosceranno mai i numeri esatti di questo mostruoso eccidio.

Sarà la Chiesa Cattolica ad aprire il dialogo coi giovani: all’inizio col primo Giubileo Internazionale dei Giovani nel corso del Giubileo Straordinario della Redenzione del 1983 e poi con la prima Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), indetta da Papa Giovanni Paolo II e svoltasi a Roma nell’estate del 1985.

Nonostante ciò gli anni ’80 del XX secolo furono ancora macchiati dal sangue di molte giovani vite: a Pechino gli studenti cinesi che protestavano contro la dittatura comunista, furono massacrati in Piazza Tienanmen nel giugno 1989 per ordine dell’anziano Primo Ministro Li Peng. Fu una carneficina nei confronti di inermi giovani disarmati che chiedevano solo diritti civili e sociali. Simbolo di questa rivolta fu “The tank man”, un anonimo ragazzo cinese che da solo bloccò un’intera colonna di carri armati, mettendo a repentaglio la propria vita.

Sarà un laico, l’ottantacinquenne Presidente del Sud Africa Nelson Mandela, a tentare di riallacciare i rapporti con le giovani generazioni col suo discorso del 16 luglio 2003, tenuto al Planetario Universitario di Johannesburg, riconoscendo ai giovani il diritto inalienabile all’istruzione. E’ infatti sua la cifra che compare in molte scuole e università: «L’educazione è l’arma più potente che si può usare per cambiare il mondo».

Gli farà eco dal Pakistan, la giovane attivista Malala Yousafzai che da un blog per la BBC iniziò a battersi per il diritto delle donne allo studio, negato alle pakistane dai talebani e dagli estremisti islamici in molti paesi musulmani. Per questo motivo la ragazza fu gravemente ferita alla testa da un colpo di arma da fuoco, sparatole nella città di Mingara (Pakistan) il 9 ottobre 2012, mentre si recava col bus a scuola. Miracolosamente sopravvissuta all’attentato, per il suo coraggio e la sua forza fu insignita a soli 16 anni del Premio Nobel per la Pace 2014.

Anche i giovani arabi del Nord Africa, del Vicino e Medio Oriente hanno manifestato contro i totalitarismi, il malgoverno e la corruzione dei loro paesi. La Rivoluzione dei Gelsomini iniziò grazie al giovane Mohamed Bouazizi che per protesta contro il governo dispotico del presidente tunisino Ben Ali, si suicidò dandosi fuoco in una pubblica piazza di Tunisi. Questa fu la scintilla che fece esplodere la Primavera Araba (2011): una serie di sommosse popolari che ha coinvolto ben 17 stati arabi, portando alla caduta di molti dittatori.

Sono sicuramente ispirati agli eventi del Mediterraneo le parole che Papa Francesco I ha rivolto ai giovani sardi nell’incontro tenuto nel Largo Carlo Felice di Cagliari nel corso della sua prima visita pastorale in Italia (22 settembre 2013) proprio al rientro dal suo viaggio Apostolico in Brasile per la Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro (fine luglio 2013). I fallimenti, la crisi, la disoccupazione non devono togliere la speranza,  perché «Voi giovani non potete e non dovete essere senza speranza, la speranza fa parte del vostro essere. Un giovane senza speranza non è giovane, è invecchiato troppo presto! La speranza fa parte della vostra giovinezza».

Anche nel paese più popoloso d’Africa delle giovani liceali sfidano gli usi e le tradizioni tribali che vedono le donne soltanto come schiave del focolare domestico e macchine per la produzione di figli, semplicemente andando a scuola. Anche loro pagheranno a caro prezzo questa scelta. Il 14 aprile 2014 nel villaggio di Chibok, nella Nigeria nord orientale, 230 studentesse vengono rapite dai Boko Haram. Della maggior parte di loro non si sa più nulla, ma nel loro piccolo, anche loro hanno compiuto una rivoluzione. Grazie al movimento di coscienza civile “Bring back our girls” le giovani africane non si sono fatte intimorire dagli estremisti islamici e nonostante i pericoli continuano a frequentare la scuola, perché credono fermamente, come diceva il Madiba: «The education is the most powerful weapon (…) to change the World».

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